La rivalutazione degli assegni pensionistici nel 2026 vale 5 miliardi di euro. E' quanto emerge dai calcoli effettuati dai tecnici del Governo in vista della manovra d'autunno, considerando che la cifra è al lordo del ritorno fiscale che l'aumento degli assegni genererebbe automaticamente.
Il calcolo
mantiene l'attuale suddivisione per fasce di reddito sperimentata quest'anno - rivalutazione del 100% per gli assegni fino a quattro volte il trattamento minimo, 90% per quelli tra le quattro e le cinque volte il trattamento minimo e 75% per quelli superiori a cinque volte il trattamento minimo -
e tiene conto dell'inflazione acquisita per il 2025 pari all'1,7%, secondo i calcoli del mese di agosto.
In generale, la
spesa pensionistica prevista per quest'anno
ammonta a 355 miliardi, inclusa la spesa per le pensioni assistenziali. Se l'1,7% si applicasse all'intero importo si arriverebbe a 6 miliardi, ma considerando la suddivisione per fasce di reddito, la spesa scende a 5 miliardi.
Oltre alla rivalutazione, c'è il ben noto
problema di bloccare l'aumento dell'età pensionabile di tre mesi, che scatterebbe dal 1° gennaio 2027 secondo il meccanismo automatico previsto dalla Legge Fornero, in considerazione dell'aumento dell'aspettativa di vita. Una posta che
vale altri 3 miliardi di euro.
Per
disinnescare il meccanismo automatico e trovare le coperture sono state fatte
varie proposte: dall'
utilizzo del TFR per anticipare la pensione a 64 anni, al suo impiego per alimentare un fondo pensionistico complementare, come proposto dalla Lega. Ma un aiuto potrebbe arrivare anche dal
calo degli interessi pagati sui titoli di Stato, favorito dal calo dei rendimenti. La posta potrebbe generare un
tesoretto di circa 13 miliardi.