Decreto Fiscale 2025: cosa cambia per PMI, imprese sociali e P.IVA tra proroghe, semplificazioni e nuove sfide

Pubblicato il 25/07/2025
Ultima modifica il 25/07/2025 alle ore 18:09
Teleborsa
Il Decreto Fiscale 2025 porta con sé importanti novità per PMI, imprese sociali e titolari di partita IVA, tra proroghe, semplificazioni e nuovi strumenti per una gestione finanziaria più flessibile. La prima data da segnare sul calendario è il 31 luglio 2025, nuova scadenza per i versamenti fiscali dei soggetti ISA e dei contribuenti in regime forfettario. Ma le modifiche introdotte dal provvedimento vanno ben oltre, aprendo a opportunità e sfide che richiedono un’attenta pianificazione dei flussi di cassa.

Secondo i dati di giugno 2025 del Dipartimento delle Finanze, nel primo trimestre del 2025 sono state aperte 187.300 nuove partite IVA, con un lieve incremento dello 0,7% rispetto al 2024. Il 54,2% di queste ha aderito al regime forfettario, in crescita dell’1,5% rispetto all’anno precedente. Il Decreto interessa dunque un numero sempre più ampio di contribuenti, soprattutto micro e piccole imprese.

Vito Longobardi, Consulente Fiscale e del Lavoro del network nazionale Partner d’Impresa, rete di professionisti specializzati in diverse aree economiche, legali e fiscali, spiega: "il Decreto Fiscale 2025 mostra un segnale di attenzione verso le imprese ma è solo una parte della soluzione. In generale - continua - i cambiamenti apportati rendono comunque il sistema fiscale più flessibile e aiutano le PMI a essere più solide e stabili dal punto di vista finanziario ma per un vero rilancio, servono anche regole più stabili, procedure più semplici e un fisco più prevedibile nel tempo".

Tra le misure più rilevanti per le aziende ci sono la deduzione maggiorata del costo del lavoro e il recupero illimitato delle perdite fiscali. Inoltre, a partire dal 2026, le associazioni di promozione sociale e le organizzazioni di volontariato con ricavi fino a 85.000 euro avranno accesso a un nuovo regime fiscale agevolato e alla detassazione degli utili reinvestiti all’interno delle finalità statutarie. Un beneficio che potrebbe incidere su un comparto composto da circa 120.000 enti (dati Unioncamere 2023).

Il decreto elimina anche lo split payment per le società quotate, consentendo una maggiore liquidità immediata, e lo estende invece ai settori della logistica e del trasporto, ambiti considerati ad alto rischio di evasione. Sono state introdotte poi alcune misure per correggere irregolarità fiscali.

Si semplifica, quindi, il calendario delle scadenze esattoriali, ma, secondo Vito Longobardi restano dubbi applicativi sulla reale utilità della normativa per chi ha situazioni complesse. "Ci sono infatti imprenditori che operano in più regimi fiscali contemporaneamente, (es. ordinario, agricolo, forfettario), chi ha liquidazioni IVA con più aliquote o compensazioni parziali, oppure ancora chi gestisce più sedi o attività. In questi casi, avere una scadenza unica o semplificata non risolve i problemi di fondo e può addirittura creare ulteriori difficoltà operative, soprattutto se manca una proroga automatica o una finestra di tolleranza per le rettifiche o comunicazioni tardive", ha sottolineato Longobardi.

Secondo Partners d'Impresa a dover cambiare quindi non dovrebbero essere solo le tempistiche in sé quanto il carico gestionale e la semplificazione normativa. "Gli adempimenti burocratici infatti oggi sono troppo complessi; tra questi, quelli fiscali sono in continuo oggetto di cambiamento legislativo e creano difficoltà alle imprese. Secondo quanto emerge dall’Osservatorio Burocrazia 2025 dell’Istituto di ricerca Astrid, con un’analisi realizzata su un campione di 1000 aziende, il tempo medio che le imprese devono destinare agli adempimenti burocratici in tutte le loro differenti accezioni è di circa 313 ore/uomo ogni anno. Tradotto in termini di costo/lavoro si tratta di una media di circa 9.210 euro per ogni impresa, a prescindere dal settore e della dimensione aziendale.