A giugno i dipendenti pubblici potranno avere gli sgravi conseguenti al
taglio del cuneo fiscale e l’applicazione quindi delle misure previste dalla Legge di Bilancio 2025: all’interno del cedolino stipendiale del prossimo mese saranno quindi presenti i circa 400 euro medi di arretrati relativi al 2025, più 80 euro a regime. Le misure di riduzione del peso fiscale, arrivate dopo l’intervento del sindacato Anief, sono state annunciate dalla Funzione Pubblica attraverso il portale NoiPa: l’avviso riporta che “a partire dal mese di giugno 2025 entreranno in vigore le misure di riduzione del cuneo fiscale introdotte dalla Legge di Bilancio, con decorrenza retroattiva al 1° gennaio 2025.
I
benefici fiscali si applicheranno in modo variabile in base al reddito complessivo annuo. In particolare, per i dipendenti dello Stato, oltre un milione solo nella scuola, con reddito annuo non superiore a 20.000 euro è previsto un bonus, sotto forma di somma integrativa, che non concorrerà alla formazione del reddito imponibile. Per i dipendenti con reddito compreso tra i 20.001 e 40.000 euro, oltre alle detrazioni fiscali già definite, è prevista una ulteriore detrazione annuale: 1.000 euro per redditi compresi tra 20.001 e 32.000 euro; una detrazione decrescente per i redditi che vanno tra i 32.001 e 40.000 euro, fino ad annullarsi oltre questa soglia. L’assegnazione dello sgravo fiscale sarà gestita direttamente dal sistema NoiPA, che calcolerà il reddito annuo atteso sulla base dei compensi percepiti nei primi cinque mesi del 2025, integrandoli con una proiezione per i successivi sette mesi, incluso l’importo relativo alla tredicesima mensilità di fine anno.
“Ancora una volta – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – le pressioni esercitate dal nostro sindacato hanno influito sulla lenta macchina ministeriale che continua a procedere con tempi diversi rispetto a quanto prevedono le disposizioni legislative. Tutto questo diventa paradossale quando si tratta di stipendi di insegnanti e personale Ata della scuola, perché parliamo di compensi già 6.000 euro in media inferiori ogni anno rispetto ai dipendenti delle Funzioni Centrali e di oltre 4.000 rispetto alla media della pubblica amministrazione: servono infatti risorse per coprire l’inflazione che ha galoppato negli ultimi anni, come pure a ridurre il gap rispetto agli altri lavoratori pubblici”.
Anief ricorda che l’inizio del declino dei dipendenti della scuola ha preso il via con lo
sciagurato rinnovo contrattuale del 2018; dopo quel contratto, i dipendenti delle Funzioni centrali sono arrivati a prendere fino a 6.000 euro annui in più rispetto al personale scolastico, mentre prima di quel contratto erano in media docenti e personale Ata a guadagnare 1.000 euro in più. Inoltre, Eurostat ha esaminato il potere d’acquisto nei Paesi europei nel 2023 con un focus sugli stipendi reali, mettendo in evidenza come l’Italia si posizioni agli ultimi posti tra le grandi economie dell’Ocse: confrontando l’Italia con Francia, Germania e Spagna, emerge che l’Italia registra stipendi più bassi a parità di costo della vita. Sotto accusa è stato messo anche il livello di tassazione: nel nostro Paese, un aumento dello stipendio lordo può persino tradursi in una riduzione del reddito netto, evidenziando il peso del sistema fiscale sulla capacità di spesa dei lavoratori.