"Come
 settore agroalimentare italiano, abbiamo sempre sostenuto 
gli accordi di libero scambio e 
comprendiamo la rilevanza geopolitica di quello con il Mercosur, ma le garanzie previste restano inadeguate". Così 
Luigi Scordamaglia, 
amministratore delegato di Filiera Italia, ha commentato 
l’incontro al Masaf con il Commissario europeo per il commercio Maros Sefcovic, organizzato dal Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. Scordamaglia ha evidenziato 
due criticità principali nel testo finale dell’accordo, considerate non negoziabili: una
 clausola di salvaguardia automatica, che entri in vigore al verificarsi di condizioni oggettive su volumi e prezzi senza valutazioni soggettive della Commissione, e una 
reale reciprocità nelle norme ambientali e commerciali, con sospensione automatica dei benefici Mercosur in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi. 
Sul fronte della 
sicurezza alimentare, l’AD di Filiera Italia ha sottolineato che 
la disponibilità dei Paesi del Mercosur a rilasciare certificazioni sui residui chimici "è un inganno": a meno che le sostanze non vengano bandite alla fonte, si genera concorrenza sleale grazie ai minori costi di produzione e a rese artificialmente elevate. Inoltre, 
la percentuale e l’efficacia dei controlli ai confini UE risultano insufficienti e disomogenee, citando il porto di Rotterdam come esempio di applicazione quasi inesistente. 
Il vertice si è poi trasferito a 
Villa Madama con il Vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani. Qui Scordamaglia ha evidenziato come 
molte barriere sanitarie e fitosanitarie imposte da Paesi terzi all’export italiano siano gestite non dalla Commissione, ma dai singoli Stati membri, spesso trasformate in strumenti di competizione interna. Filiera Italia ha quindi chiesto che l’UE negozi con un’unica voce con i Paesi terzi. 
Sui dazi, 
Scordamaglia ha richiamato la necessità di una reazione più decisa della Commissione europea rispetto agli usi strumentali dei dazi da parte degli Stati Uniti, citando in particolare il recente dazio antidumping del 107% sulla pasta italiana e le interpretazioni arbitrarie delle dogane statunitensi, che creano instabilità per le imprese. 
Infine, 
sulla delocalizzazione, l’AD ha precisato che essa può essere una scelta aziendale libera, ma non deve derivare da ricatti esterni o pressioni politiche interne. Scordamaglia ha citato
 l’esempio della presidente von der Leyen, che avrebbe 
promesso investimenti europei negli Stati Uniti senza un mandato adeguato, favorendo la delocalizzazione e proponendo tassazioni addizionali per le imprese manifatturiere europee con fatturato superiore a 100 milioni di euro.