Immobiliare quotato in crisi, urgente riforma con spinta fiscale per attirare capitali esteri

La discussione alla SDA Bocconi School of Management
Pubblicato il 27/10/2025
Ultima modifica il 27/10/2025 alle ore 20:40
Teleborsa
Pur disponendo di un patrimonio immobiliare tra i più rilevanti in Europa e contribuendo per oltre il 19% al PIL nazionale, la componente del comparto immobiliare italiano rappresentata sui mercati finanziari rimane marginale. Ad oggi, solo lo 0,06% del real estate commerciale risulta quotato in Borsa, il valore più basso tra i principali Paesi europei. È quanto emerso da una ricerca realizzata da SDA Bocconi School of Management in collaborazione con il CNCC-Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali. Questa condizione limita la capacità del settore di attrarre capitali, riduce i livelli di trasparenza complessiva del mercato e ostacola la modernizzazione di un comparto che rappresenta un pilastro essenziale per la competitività e la crescita sostenibile dell'economia italiana.

Secondo la ricerca, l'Italia pesa solo lo 0,2% del mercato dei REIT in Europa, che è comunque un mercato limitato a livello globale. Inoltre, nessun REIT italiano è tra i principali in UE, e i rendimenti (in termini di dividendi) risultano essere significativamente inferiori alla media Europea. "I dati evidenziano il mancato sviluppo dei REIT a livello italiano e anche l'impossibilità per i nostri investitori istituzionali, ma soprattutto retail, di poter investire all'interno di questo comparto, nonostante i buoni rendimenti e i benefici in termini di riduzione del rischio", ha detto Federico Colantoni, Researcher della SDA Bocconi School of Management, che ha condotto la ricerca insieme a Michele Calcaterra, Senior Lecturer della SDA Bocconi School of Management.

Della mancata possibilità di inserire questa asset class nei portafogli, per il mancato sviluppo del mercato, ha parlato anche Maurizio Dallocchio, Professore Ordinario di Finanza Aziendale presso la SDA Bocconi School of Management, sostenendo che nei portafogli "l'immobiliare o è presente sotto forma di mattone, il che a mio modo di vedere non è necessariamente suggeribile per tutti, o non è presente. Eppure sappiamo perfettamente l'importanza che in questo paese, come in tanti altri paesi, l'immobiliare riveste".

Un dato preoccupante è che i REIT italiani (SIIQ) risultano sistematicamente i più scontati d'Europa lungo tutto il periodo: dal -23,7% del 2015 si è passati al -75,2% nel 2024, con una progressione quasi continua; questo significa che gli investitori attribuiscono meno di 1/4 del valore reale del patrimonio immobiliare posseduto dai REIT italiani: un chiaro segnale di sfiducia strutturale.

La capitalizzazione complessiva del comparto immobiliare quotato a livello italiano è calata di oltre il 20% nell'arco degli ultimi 10 anni (da oltre 1,1 miliardi di euro nel 2015 a poco più di 800 milioni di euro nel 2024), con l'ultimo duro colpo che è stato il delisting di Coima nel 2022. "C'è l'incapacità di attrarre nuove IPO e di far crescere le nostre aziende quotate", ha sottolineato Colantoni.

Guardando ai mercati sette mercati Euronext, "la capitalizzazione totale del real estate dal 2021 ad oggi è scesa leggermente, di circa il 7%", ha raccontato Fabrizio Testa, Amministratore Delegato di Borsa Italiana, evidenziando anche che "dal 2021 gli emittenti in tutti i sette paesi hanno raccolto di circa 13 miliardi di euro, ma ahimè l'Italia rimane indietro perchè continua a limitarsi sia nella raccolta che soprattutto nella liquidità bassa". "Se sia la capitalizzazione che il numero di prodotti è limitato, gli investitori sono poco attratti" dal segmento, ha aggiunto.

Nonostante l'Italia sia uno dei Paesi europei con il patrimonio immobiliare più esteso e un mercato potenzialmente attrattivo per capitali nazionali e internazionali, il settore dei REIT italiani (SIIQ) resta quindi marginale, sottosviluppato e poco competitivo rispetto agli omologhi europei. La ricerca punta il dito su: una normativa rigida e poco incentivante, con requisiti di accesso elevati e poca flessibilità operativa; capacità limitata di attrarre investitori istituzionali; mercato sottocapitalizzato: poche SIIQ attive, con una capitalizzazione e visibilità minima; assenza di nuove quotazioni e uscita di attori rilevanti (come Coima RES e Beni Stabili) aggravano il quadro.

Secondo gli autori, una riforma delle SIIQ è oggi indispensabile: serve una cornice normativa più semplice, accessibile e attrattiva. Solo così l'Italia potrà colmare il divario con gli altri mercati europei, valorizzando il proprio patrimonio immobiliare attraverso strumenti moderni, trasparenti e ad alto potenziale.

In primis, occorre incentivare l'apertura ai capitali esteri, permettendo ai REIT europei di costituire e controllare in Italia veicoli SIINQ non quotati (modello SOCIMI) o di operare tramite branch alle stesse condizioni delle SIIQ quotate, favorendo così una rapida espansione del comparto anche grazie all'afflusso di capitali globali. Su questo punto si è espresso anche Maurizio Leo, Vice Ministro dell'Economia e delle Finanze, affermando che "risorse permettendo e in una prospettiva temporale un po' più ampia" ha senso rimuovere questi ostacoli per gli operatori esteri, "perchè nel momento in cui si dà loro la possibilità di insediarsi in Italia con un minor peso fiscale da affrontare, possono fare degli investimenti a vantaggio del sistema paese, con interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana". "Non è realizzabile nell'immediato, ma magari in 2-3 anni trovando le risorse adeguate", ha puntializzato.

In secondo luogo, occorre intervenire sull'aspetto fiscale: attualmente l'Italia impone una tassazione del 20% sul differenziale tra valore fiscale e valore di ingresso dell'immobile all'atto dell'ingresso nel regime SIIQ (cosiddetta Entry Tax); la proposta è di eliminare l'entry tax, sul modello spagnolo, rimandando la tassazione del capital gain latente alla successiva cessione degli immobili ed introducendo un holding period almeno triennale per le nuove acquisizioni: ciò favorirebbe la quotazione di nuove SIIQ sul mercato italiano.

Inoltre, viene suggerito di istituire un "entry package" per le SIIQ startup, con semplificazioni documentali, fiscali e regolamentari per società di nuova costituzione con asset superiori a 50 milioni di euro, ispirandosi a modelli già presenti in altri Paesi. Andrebbe anche promossa la costituzione di veicoli ad hoc per investitori istituzionali (assicurazioni, istituti di credito e fondi pensione), calibrati per essere compatibili con i requisiti di Solvency II e Basilea III, nonché destinabili ai comparti garantiti. Infine, andrebbero attivati programmi di educazione finanziaria orientati al ruolo dei REIT nella diversificazione di portafoglio. Favorire la distribuzione retail di strumenti immobiliari quotati attraverso reti certificate, garantendo accessibilità, trasparenza e protezione per l'investitore individuale.

Discutendo le proposte della ricerca, il presidente della CONSOB ha detto di non avere obiezioni ad esse, ma ha sottolineato che per rendere attrattivo anche in Italia l'investimento nell'immobiliare "il problema di fondo è convincere le famiglie italiane a fare piani finanziari con la finanza e la componente immobiliare". "Dobbiamo avere una stessa normativa della finanza e del trattamento dei rendimenti, è indispensabile altrimenti non usciamo da una situazione come questa", ha affermato Paolo Savona, aggiungendo che "gli investimenti immobiliari sono sempre stati lo strumento anticiclico più efficace dell'economia: il Superbonus ha retto il PIL, sia pure con un costo tremendo nel bilancio pubblico".