Ocse conferma Italia in lieve crescita: inflazione sotto il 2% e debito da ridurre

Per l’Italia Pil +0,6% sia nel 2025 che nel 2026 e prezzi in rallentamento. Ma i dazi americani ai massimi dal 1933 pesano su commercio, lavoro e consumi globali.
Pubblicato il 23/09/2025
Ultima modifica il 23/09/2025 alle ore 12:26
Teleborsa
L’Ocse ha confermato una crescita moderata per l’economia italiana, confermando un Pil in aumento dello 0,6% nel 2025 e limando allo stesso tasso quello del 2026 (a giugno era +0,7%). Nel suo aggiornamento intermedio dell’Economic Outlook, l’organizzazione parigina ha invece rivisto leggermente al ribasso le stime d’inflazione: +1,9% nel 2025 e +1,8% nel 2026, entrambi 0,1 punti in meno rispetto alle previsioni di giugno. Un rallentamento che riflette la stabilizzazione dei prezzi nell’area euro, dove l’inflazione media attesa scende al 2,1% quest’anno e all’1,9% il prossimo.

Il contesto globale, però, resta complesso. Gli Stati Uniti hanno innalzato i dazi bilaterali a un livello medio del 19,5% – il più alto dal 1933 – generando tensioni commerciali che, secondo l’Ocse, iniziano a farsi sentire su spesa, lavoro e prezzi al consumo. "Si osservano aumenti dei tassi di disoccupazione e una frenata delle nuove assunzioni", si legge nel rapporto, che segnala anche una disinflazione ormai stabilizzata e un nuovo impulso ai prezzi dei beni alimentari.

Per l’Italia, il capo economista Alvaro Santos Pereira ha sottolineato che la posizione di bilancio "è migliore di qualche anno fa", ma ha invitato a non abbassare la guardia: "È fondamentale continuare a ridurre il debito pubblico, ancora elevato, per liberare risorse oggi destinate agli interessi e rendere il Paese meno vulnerabile a crisi esterne". Accanto al consolidamento dei conti, l’Ocse raccomanda di proseguire sulle riforme strutturali: semplificazione burocratica, maggiore concorrenza e investimenti in competenze.

A livello globale, l’Organizzazione ha rivisto al rialzo la crescita 2025 al 3,2%, grazie alla resilienza di molte economie emergenti e agli investimenti in intelligenza artificiale negli Stati Uniti. Tuttavia, avverte Pereira, l’IA potrebbe anche "portare a ristrutturazioni rilevanti dell’economia e del lavoro", mentre il rischio di correzioni nei mercati resta elevato se i ritorni attesi sugli investimenti non si materializzeranno.