Il primo semestre 2025 si chiude in rosso per la
metalmeccanica italiana. Secondo l’indagine congiunturale di
Federmeccanica, la produzione del settore è diminuita in media del 4,3% rispetto allo stesso periodo del 2024, una contrazione più marcata rispetto al complesso dell’
industria (-2,8%). Tutti i comparti hanno registrato cali, con un crollo per
autoveicoli e
rimorchi (-18,7%). Solo metallurgia (+0,7%) e altri mezzi di trasporto (+0,2%) hanno segnato variazioni lievemente positive. Nel
secondo trimestre si osserva un marginale recupero congiunturale (+0,5%), ma il confronto annuo resta negativo (-2,8%).
Anche l’
export arretra: -0,5% complessivo nel semestre, con flessioni sia verso l’Ue (-0,4%) sia verso i mercati extra-Ue (-0,6%). Preoccupante il calo delle vendite negli
Stati Uniti (-6,1%), aggravato dal nuovo quadro protezionistico. L’83% delle imprese segnala rischi legati ai dazi, soprattutto perdita di quote export (32%), difficoltà di approvvigionamento (25%) e maggiore pressione competitiva in Europa (21%).
La vicepresidente di Federmeccanica,
Alessia Miotto, ha sottolineato che "anche un solo punto percentuale di dazi è troppo", soprattutto per un settore caratterizzato da bassa produttività, margini ridotti, costi energetici e del lavoro più alti rispetto alla media UE. Il rischio, ha aggiunto, è quello di perdere intere filiere industriali a vocazione esportatrice.
Dal lato della
domanda, il 24% delle imprese segnala un calo del
portafoglio ordini e il 25% prevede una riduzione della produzione. Materie prime ed energia restano il principale fattore di rischio, seguiti dall’instabilità macroeconomica globale.
Il direttore generale di Federmeccanica,
Stefano Franchi, parla di "poche luci e molte ombre": produrre oggi costa circa il 20% in più rispetto a pochi anni fa, un incremento divenuto strutturale e che, combinato alla bassa redditività, mette a dura prova la competitività del settore.