Lavoro, Brunetta: "Italia straordinaria nell’export, ma in ritardo su produttività e salari"

Pubblicato il 10/09/2025
Ultima modifica il 10/09/2025 alle ore 20:09
Teleborsa
"Non indulgiamo nei luoghi comuni e pensare che tutto va male. Dobbiamo capire fino in fondo il nostro modello di crescita e di sviluppo. Come è possibile che siamo recordman nell'export pur avendo basse performance di produttività e bassi salari? Evidentemente c'è qualcosa che non torna anche nella contabilità statistica. Perche' l'Italia ha tante meravigliose piccole imprese, dove però la produttività è difficilmente misurabile". Così il presidente del Cnel, Renato Brunetta, alla presentazione del rapporto annuale sulla produttività 2025.

"Penso, per esempio, al settore della moda, dove i nuovi modelli non vengono classificati come innovazione – ha proseguito –. Abbiamo poche grandi imprese nel terziario avanzato, dove si ha alta produttività, in particolar modo nei settori ad altissima tecnologia. Siamo un Paese straordinario. Un Paese avanzato. Un Paese con grandi capacità di export. Ma siamo ancora in ritardo nelle dinamiche della produttività e nelle dinamiche salariali".

"Occorre intervenire su alcune nostre caratteristiche genetiche. Fare crescere le nostre imprese. E introdurre dosi massicce di nuove tecnologie, di skills, di formazione. Investire in capitale umano, soprattutto in ambito Stem. E poi investimenti pubblici, ricerca, innovazione", ha dichiarato Brunetta.

"Se avessimo costruito in questi ultimi vent'anni dieci Cern, come straordinari poli d'eccellenza europea nel mondo, invece dell'austerità o dei tanti egoismi nazionali, allora oggi avremmo un'altra Europa - ha detto - e probabilmente non avremmo le distopie che stiamo vivendo. Quindi dobbiamo fare anche un po' di autocritica. Se negli ultimi vent'anni gli Usa sono cresciuti il doppio dell'Europa questo non c'entra nulla con i dazi, ma con la strategia economica americana orientata alla domanda interna. Noi invece abbiamo avuto molta austerità e poca domanda interna, pochi investimenti pubblici, poche infrastrutture, poca ricerca. E adesso stiamo pagando il conto. Per questo dico bene Ursula von der Leyen, con il discorso di oggi, basato sull'autonomia, sulla sicurezza, sull'orgoglio di un'Europa che sa difendere la sua storia e i suoi valori. Bene perché si passa al debito buono e agli investimenti. Così avremo anche maggiore produttivita'".

"L'impennata inflazionistica - ha aggiunto Brunetta - ha determinato un abbassamento del costo del lavoro, mentre il costo d'uso del capitale è progressivamente cresciuto. Le imprese italiane hanno quindi preferito espandere il fattore lavoro piuttosto che investire in beni capitali, in particolare quelli legati alla digitalizzazione. Così è aumentata l'occupazione ma prevalentemente in settori a basso valore aggiunto, a bassa qualificazione del capitale umano e a bassa produttività".