Il
68% delle imprese bresciane è, a vario titolo, coinvolto nei
dazi USA:
il 40% in modo diretto, attraverso esportazioni verso il mercato statunitense, e il 28% in modo indiretto in quanto, pur non vendendo negli USA, fornisce clienti italiani e/o europei che a loro volta servono gli USA.
A evidenziarlo è una
survey condotta su circa 200 imprese manifatturiere della nostra provincia con un fatturato complessivo di
oltre 12 miliardi di euro, analizzata nel
terzo numero di BFocus, strumento dedicato ad approfondire le dinamiche economiche globali lette attraverso la prospettiva bresciana. In poche pagine, il report – realizzato a cadenza periodica dal
Centro Studi di Confindustria Brescia e OpTer (Osservatorio per il territorio: impresa, formazione, internazionalizzazione) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – mira a semplificare temi economici complessi e a diventare una guida essenziale per gli imprenditori del territorio.
L’indagine rileva come
il 72% delle aziende coinvolte direttamente abbia attuato (o sia in procinto di attuare) una o più azioni per fare fronte agli imminenti incrementi tariffari, mentre
il restante 28% non si stia muovendo in tale senso. In questo contesto, le risposte messe in campo dall’industria bresciana sono eterogenee e mostrano una vasta gamma di interventi. La ricerca di nuovi clienti al di fuori degli USA emerge, piuttosto nettamente, come la più importante modalità di risposta (35%); si tratta di un’opzione tradizionale, in quanto volta a sostituire un mercato in difficoltà con un altro potenzialmente più interessante. Da questo punto di vista, l’orientamento generale sarebbe rivolto allo sviluppo (e in alcuni casi al consolidamento) della presenza in territori come Unione Europea, India, Canada, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.
Il
32% delle imprese sta poi agendo sull’ottimizzazione dei costi doganali, attraverso l’utilizzo di semplificazioni e l’applicazione di normative in vigore nel Paese target; nel caso delle imprese con affiliate negli Stati Uniti tale quota raggiunge addirittura il 46%. Il 19% dichiara l’intenzione di realizzare investimenti volti ad avviare o intensificare parte del processo produttivo negli USA. Non mancano poi risposte "tattiche", come l’anticipo delle vendite e delle consegne negli USA prima dell’entrata in vigore dei dazi (17%), misura che quindi non potrà divenire strutturale.
Seguono poi azioni che si caratterizzano per un minore grado di implementazione, come il cambio nella strategia di pricing (16%) e la ricomposizione del paniere dei prodotti venduti negli USA (come l’aumento di quelli qualitativamente superiori, 11%).
Va infine sottolineato che solamente il 3% delle aziende propende per un disimpegno dagli USA: si tratta di un elemento non marginale, perché confermerebbe la centralità di tale mercato all’interno delle strategie di internazionalizzazione promosse dalle imprese del territorio.
"Negli ultimi anni l’industria bresciana ha dovuto affrontare difficoltà significative sul piano commerciale quali la crisi della Germania – nostro partner storico – ed ora la questione dei dazi statunitensi insieme all’ effetto cambio sfavorevole derivante da una dollaro debole – commenta
Maria Chiara Franceschetti, vice presidente di Confindustria Brescia con delega a Internazionalizzazione ed Ecosistema Imprese –. Il problema oggi è l’incertezza: la più vera e grave conseguenza dei continui annunci, rettifiche e proroghe. Siamo consapevoli dell’impatto che i dazi hanno sul nostro territorio, un risvolto certamente non secondario:
la survey condotta dal Centro Studi di Confindustria Brescia ha dimostrato la forte interconnessione tra Made in Brescia e Stati Uniti. In tale ambito l’aspetto incoraggiante è rappresentato dalla flessibilità delle nostre aziende, dalla capacità di mettere in atto contromisure in tempi rapidi, ponendo particolare attenzione alle opportunità che emergono da paesi e quadranti geografici diversi. L’esigenza è di
ripensare i modelli economici e commerciali che fino ad ora sono stati considerati "stabili" o certi. Confindustria Brescia e, in particolare, l’ufficio Internazionalizzazione, è a disposizione di tutte le aziende associate per approfondire informazioni e condividere competenze in questo momento storico così complesso".
"Analizzare quale impatto potranno avere i dazi sul sistema produttivo bresciano è oggi cruciale per individuare quali strategie mettere in atto per rafforzare la competitività delle nostre imprese e per affrontare con più serenità un futuro che si prospetta comunque complesso – spiega
Giovanni Marseguerra, ordinario di Economia politica nell’Università Cattolica e Direttore di OpTer –. I dazi oggi non sono più utilizzati come semplici strumenti di politica economica ma s
ono ormai diventati veri e propri metodi di pressione politica in un mondo che sta ridefinendo i suoi equilibri. L’Italia e l’Europa tutta si trovano al centro di questo poderoso rimescolamento delle carte. Con alcuni nostri comparti industriali fondamentali, dalla meccanica all’agroalimentare, che rischiano di finire stritolati in una contesa che può essere compresa più con il criterio della politica che con la ragione economica. È dunque
particolarmente importante l’analisi del nuovo numero di BFocus perché oggi alle nostre imprese è richiesto di comprendere il mutato contesto geopolitico e, alla luce di questo, riformulare le proprie strategie di internazionalizzazione e ripensare le proprie catene di approvvigionamento per affrontare efficacemente le nuove dinamiche competitive".