Migranti, Corte Ue: "Paesi sicuri siano valutati da un giudice"

Palazzo Chigi: "Sorpresi da decisione". ANM: "Siamo nel giusto"
Pubblicato il 01/08/2025
Ultima modifica il 01/08/2025 alle ore 14:24
Teleborsa
"Il cittadino di un paese terzo può vedere respinta la sua domanda di protezione internazionale in esito a una procedura accelerata di frontiera qualora il suo paese di origine sia stato designato come 'sicuro' ad opera di uno Stato membro. Tale designazione può essere effettuata mediante un atto legislativo, a condizione che quest'ultimo possa essere oggetto di un controllo giurisdizionale effettivo vertente sul rispetto dei criteri sostanziali stabilite dal diritto dell'Unione. Le fonti di informazione su cui si fonda tale designazione devono essere accessibili al richiedente e al giudice nazionale. Uno Stato membro non può, tuttavia, includere un paese nell'elenco dei paesi di origine sicuri qualora esso non offra una protezione sufficiente a tutta la sua popolazione". È quanto ha stabilito la Corte di giustizia Ue nella sentenza sul protocollo Italia-Albania e la definizione di Paese d'origine sicuro.

"La Corte di giustizia Ue nella sentenza sul protocollo Italia-Albania e la definizione di Paese d'origine sicuro conferma in modo inequivocabile la correttezza dell'interpretazione fornita dai giudici italiani, più volte oggetto, in questi mesi, di pesanti attacchi pubblici per l'esercizio della loro funzione. I giudici non fanno le leggi, ma le applicano in modo attento e scrupoloso e, come confermato dalla Corte di giustizia Ue, devono poter esercitare un sindacato pieno e indipendente sul rispetto dei diritti fondamentali – commenta la Giunta esecutiva centrale dell'Associazione nazionale magistrati in una nota –. La Corte conferma inoltre che non possono essere inclusi nell'elenco dei Paesi sicuri quei Paesi che non offrano 'protezione sufficiente a tutta la sua popolazione', escludendo logiche meramente formali o generiche. I magistrati italiani hanno fatto in questi mesi quello che la legge imponeva loro, nonostante i frequenti e brutali attacchi ricevuti da una parte della politica. La sentenza di oggi lo conferma. Hanno dunque agito nel pieno rispetto del diritto nazionale ed eurounitario, garantendo l'effettività della tutela giurisdizionale, uno dei capisaldi dello Stato di diritto. La decisione della Corte di Lussemburgo rafforza e legittima l'operato di chi, in nome della legge, ha tutelato diritti e libertà fondamentali, nel solco della Costituzione e delle norme europee".

"Sorprende la decisione della Corte di Giustizia UE in merito ai Paesi sicuri di provenienza dei migranti illegali. Ancora una volta la giurisdizione, questa volta europea, rivendica spazi che non le competono, a fronte di responsabilità che sono politiche. La Corte di Giustizia Ue decide di consegnare a un qualsivoglia giudice nazionale la decisione non sui singoli casi, bensì sulla parte della politica migratoria relativa alla disciplina dei rimpatri e delle espulsioni degli irregolari – commenta Palazzo Chigi in una nota –. Così, ad esempio, per l’individuazione dei cosiddetti Paesi sicuri fa prevalere la decisione del giudice nazionale, fondata perfino su fonti private, rispetto agli esiti delle complesse istruttorie condotte dai ministeri interessati e valutate dal Parlamento sovrano. È un passaggio che dovrebbe preoccupare tutti – incluse le forze politiche che oggi esultano per la sentenza - perché riduce ulteriormente i già ristretti margini di autonomia dei Governi e dei Parlamenti nell’indirizzo normativo e amministrativo del fenomeno migratorio. La decisione della Corte indebolisce le politiche di contrasto all’immigrazione illegale di massa e di difesa dei confini nazionali. È singolare che ciò avvenga pochi mesi prima della entrata in vigore del Patto Ue su immigrazione e asilo, contenente regole più stringenti, anche quanto ai criteri di individuazione di quei Paesi: un Patto frutto del lavoro congiunto della Commissione, del Parlamento e del Consiglio dell’Unione europea.
Il Governo italiano per i dieci mesi mancanti al funzionamento del Patto europeo non smetterà di ricercare ogni soluzione possibile, tecnica o normativa, per tutelare la sicurezza dei cittadini".