Tassi, BCE pronta alla pausa. Fed (ancora) nel mirino di Trump

Pubblicato il 24/07/2025
Ultima modifica il 24/07/2025 alle ore 09:51
Teleborsa
Dopo otto tagli consecutivi dei tassi per un totale di 200 punti base, la Banca Centrale Europea è pronta a tirare il freno nella riunione in programma con il costo del denaro che resterà al 2%, dopo l’ultimo ritocco al ribasso del 5 giugno.

Una mossa che permetterà ai banchieri centrali di valutare con cautela il contesto economico e geopolitico sempre più instabile - in scia in particolare alla prospettiva di dazi statunitensi più elevati del previsto che complicherebbero le previsioni su crescita e inflazione - riaccendendo il dibattito tra falchi e colombe a settembre.

Il Consiglio direttivo della BCE dovrebbe dunque mantenere stabile al 2,0% il tasso sui depositi, cioè il principale tasso di riferimento, un livello considerato neutrale. La BCE probabilmente sottolineerà l'idea che questo tasso continui a essere appropriato alla luce degli ultimi dati economici e dell'allentamento graduale dell'inflazione verso il target.

"La BCE è pronta a mantenere i tassi invariati, con un possibile intervento a settembre, anche se ancora poco probabile - ha commentato David Zahn, Head of European Fixed Income di Franklin Templeton - I mercati osserveranno con attenzione il tono delle prossime dichiarazioni di Lagarde sui rischi commerciali e sulla forza dell'euro. L'inflazione è vicina al target, ma le minacce di dazi offuscano le prospettive. Saranno i segnali di politica monetaria, più che le azioni concrete, a guidare la reazione dei mercati".

Nella conferenza stampa post-meeting, Christine Lagarde dovrebbe sottolineare l'importanza di mantenere una politica monetaria cauta e flessibile, basata su una continua valutazione del rischio, senza però fornire indicazioni esplicite sulle mosse future dei tassi.

Intanto,negli Usa, tiene banco la situazione della Federal Reserve – il cui direttorio (Fomc) sui tassi di interesse si svolgerà la settimana successiva, il 30 luglio. Diversi esponenti dell’amministrazione Trump hanno rilanciato le pressioni sull’istituzione monetaria. Tra questi anche il segretario di Stato al Tesoro, Scott Bessent, che in una intervista a Cnbc, a una domanda diretta sul se il presidente della Fed, Jerome Powell, debba dimettersi, ha risposto: “penso che quello che ci serva è esaminare l’intera istituzione, se abbiano avuto successo nei loro compiti. Dobbiamo chiederci se l’organizzazione ha funzionato”.

Successivamente, già ieri era sembrato smorzare i toni e oggi ha ulteriormente aggiustato il tiro, affermando, stavolta a Fox Business, di ritenerlo “un bravo servitore pubblico” e di “non vedere nulla che mi faccia ritenere che dovrebbe dimettersi”.

La linea ambigua potrebbe riflettere sia la volontà di spingere Powell alle dimissioni, evitando lo scontro diretto per non indispettire i mercati che guardano con attenzione agli sviluppi.

Sullo sfondo, ovviamente, gli attacchi del presidente Usa Donald Trump che in questi mesi non ha risparmiato frecciatine, velate e meno, nei confronti di Powell arrivando persino a definirlo "uno stupido".