Entro lunedì 16 giugno, oltre 25 milioni di proprietari (il 41% risultano essere lavoratori dipendenti e pensionati) di immobili diversi dall'abitazione principale – come seconde case, immobili commerciali, aree edificabili e terreni agricoli – dovranno mettere mano al proprio
portafoglio e pagare circa
9,7 miliardi (la meta dei 19,4 dovuti annualmente)
di Imu. Il
costo medio complessivo dell'Imu per una seconda casa, in una città capoluogo, sarà quest'anno di
977 euro (di cui 488 per l'acconto di giugno), con punte di oltre tremila euro a Roma, che si conferma la città più cara. In vista dell'avvicinarsi della scadenza per il versamento dell'acconto Imu per il 2025, fissata per il 16 giugno. è quanto emerge da una
simulazione per la quantificazione dell'acconto Imu a cura del del
servizio Stato Sociale, Politiche Fiscali Previdenziali, Immigrazione, della Uil. L'analisi dei costi annuali dell'Imu per le seconde case mostra significative variazioni tra le diverse città italiane. Tra quelle con i costi più elevati per le seconde case,
Roma si riconferma al primo posto con un valore medio annuo di 3.499 euro. Seguono
Milano, dove il costo medio annuo è di 2.957 euro, e
Venezia con 2.335 euro. A
Livorno, il costo medio per una seconda casa è di 1.984 euro, mentre Salerno chiude la lista delle dieci città più care con un costo medio annuo di 1.514 euro.
Palermo invece si distingue per il costo medio dell'Imu per le seconde case più basso, pari a 391 euro annui. Seguono
Pesaro con un costo medio annuo di 394 euro e
Cosenza con 395 euro. A
Enna il costo medio per una seconda casa è di 460 euro, mentre
Belluno è in coda alla lista delle dieci città meno costose, con 551 euro. Guardando alle altre categorie per le quali si paga l'Imu, per
l'abitazione principale considerata di lusso (categorie catastali A/1, A/8, A/9), il costo medio complessivo dell'Imu sarà invece di 915 euro (458 euro per l'acconto di giugno), con punte di 3mila euro a
Venezia, seguita da
Roma e
Milano; le meno care
Agrigento, Caltanissetta e Cosenza."Dall'analisi di questi dati – ha dichiarato il
segretario confederale della Uil, Santo Biondo – emerge la necessità di una profonda riforma del catasto come pilastro di un sistema fiscale realmente equo e progressivo. L'attuale impianto catastale, basato su valori risalenti a oltre quarant'anni fa, genera ingiustizie e sperequazioni inaccettabili tra cittadini con situazioni abitative analoghe, ma trattamenti fiscali diversi. Adeguare le rendite catastali ai valori reali di mercato, senza aumentare la pressione fiscale complessiva, è un atto di giustizia sociale, per garantire che tutti contribuiscano in modo proporzionato alle proprie possibilità, in linea con l'articolo 53 della Costituzione. Tra l'altro, la riforma, prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – ha aggiunto
Biondo – è stata sollecitata con chiarezza anche dall'Unione Europea come condizione essenziale per modernizzare il Paese, combattere l'evasione e rafforzare la sostenibilità dei conti pubblici. Ritardi o rinvii ingiustificati rischiano di compromettere non solo gli obiettivi di equità, ma anche l'accesso ai fondi europei vitali per la crescita e la coesione. Chiediamo al Governo responsabilità e coraggio. La riforma del catasto è funzionale a rimpinguare il bilancio pubblico e a muovere risorse economiche nella direzione del contrasto alla povertà e, soprattutto – ha concluso
Biondo – è un tassello indispensabile per un fisco più giusto, trasparente e vicino ai cittadini".
(Foto: © lucadp / 123RF)