"La recente riforma fiscale ha reso il sistema più progressivo e dunque più esposto al drenaggio fiscale, amplificando l’impatto di eventuali pressioni inflazionistiche". È quanto rileva l
'Ufficio parlamentare di bilancio nel
Rapporto sulla politica di bilancio presentato ieri. "La manovra 2025 approvata alla fine dello scorso anno ha utilizzato quasi integralmente gli spazi di bilancio disponibili. A meno di miglioramenti della dinamica della spesa netta, eventuali nuovi interventi dovranno, quindi, trovare copertura attraverso aumenti di entrate o riduzioni di spese strutturali. Della manovra – evidenzia l'Upb – fanno parte le misure che hanno reso strutturali la decontribuzione – attraverso l’introduzione di un bonus e di detrazioni specifiche per il lavoro dipendente – e l’accorpamento delle aliquote dell’Irpef disposto per il solo 2024. Si tratta di modifiche che, da un lato, danno maggiore stabilità al sistema ma, dall’altro, aumentano la sensibilità dell’imposta personale sul reddito all’inflazione, soprattutto per i lavoratori
dipendenti".
"In particolare, la
riforma stabilita con la legge di bilancio per il 2025 – spiega l'Upb – ha modificato in maniera sostanziale l’assetto del prelievo, rendendo permanente l’accorpamento dei primi due scaglioni previsto per il 2024 e introducendo bonus e detrazioni specifiche per il lavoro dipendente. Questi ultimi due interventi erano diretti a replicare sul versante fiscale e rendere permanenti gli effetti della decontribuzione introdotta temporaneamente per mitigare l’erosione del potere d’acquisto dei lavoratori a basso reddito durante la crisi inflazionistica. Tali modifiche hanno reso complessivamente più progressiva l’imposta, soprattutto per effetto delle detrazioni decrescenti
per i lavoratori dipendenti".
In base alle
stime dell’UPB, nel passaggio dal regime 2022 a quello 2025, il maggiore prelievo da drenaggio fiscale associato a 2 punti percentuali di inflazione è più alto di circa 370 milioni (+13 per cento). "L’intensificazione del
drenaggio fiscale – si legge nel rapporto – è concentrata sui lavoratori dipendenti anche se in misura differenziata: la variazione percentuale dell’imposta dovuta a tale fenomeno
passa dal 3,2 al 5,5 per cento per gli operai e dall’1,7 al 2,3 per cento per gli impiegati. In un contesto in cui la dinamica retributiva è già risultata insufficiente a compensare l’inflazione, l’intensificazione del prelievo fiscale derivante dall’interazione tra quest’ultima e la progressività dell’imposta rischia di erodere in misura considerevole gli incrementi nominali delle retribuzioni, con potenziali ricadute negative sui consumi e sulla domanda interna. In assenza di un’indicizzazione dei parametri, verrebbero
erosi anche i benefici che si intendevano apportare con le misure di sostegno al reddito, rendendole progressivamente meno efficaci".
"Questi effetti – spiega l'Upb – sono direttamente riconducibili alle nuove detrazioni introdotte per il lavoro dipendente, che contribuiscono ad accrescere l’aliquota marginale effettiva. Ciò è confermato dall’evidenza che le altre categorie di contribuenti, non interessate da tali modifiche, registrano variazioni del drenaggio fiscale pressoché irrilevanti: pensionati, autonomi, percettori di redditi da
fabbricati e di altri redditi mostrano infatti incrementi minimi o nulli. Tale
accresciuta sensibilità del sistema 2025 al drenaggio fiscale, da un lato, aumenta l’elasticità del gettito Irpef agli incrementi nominali del reddito da lavoro dipendente, con effetti positivi sul
bilancio pubblico, dall’altro, solleva criticità relativamente all’evoluzione in termini reali del reddito disponibile di questi contribuenti. In un contesto in cui la dinamica retributiva è risultata già di per sé insufficiente a compensare l’inflazione, l’intensificazione del prelievo fiscale derivante dall’interazione tra inflazione e progressività rischia di erodere in misura significativa gli incrementi nominali delle retribuzioni con rilevanti conseguenze sulla loro dimensione reale. Inoltre, in generale, anche in periodi di inflazione moderata, le elevate aliquote marginali in corrispondenza di redditi medio-bassi, su cui è elevata l’incidenza dei lavoratori dipendenti, rischia di limitare gli
effetti dei rinnovi contrattuali in termini di recupero del potere d’acquisto, con potenziali ricadute negative sui consumi e sulla domanda interna".