Scuola, TFR ai supplenti: l’Inps sfora i 15 mesi previsti per legge

Anief avvia i ricorsi per ottenere le spettanze
Pubblicato il 09/06/2025
Ultima modifica il 09/06/2025 alle ore 18:03
Teleborsa
Quella del TFR è una delle trattenute stipendiali più ingiuste e che rendono ancora più modesti gli stipendi netti dei docenti e del personale Ata: la sottrazione del 2,5% TFR applicata per legge a tutti i neo-assunti dal 2001, tra l’altro, è anche discriminante, perché non viene applicata agli altri lavoratori del pubblico impiego e nemmeno ai dipendenti del privato. Per abolirla, il sindacato Anief ha avviato una petizione nazionale online, così da garantire la parità di trattamento tra tutti i lavoratori.

Nel frattempo, il giovane sindacato continua a denunciare i tempi abissali per la consegna delle somme dovute al personale che ha terminato una supplenza, anche di tipo breve: "Sull’assegnazione del TFR – dichiara oggi Marcello Pacifico, presidente nazionale del sindacato Anief – la tempistica che adotta l’INPS per la liquidazione ai precari va ben oltre i 15 mesi previsti dalla legge. Abbiamo più volte sollecitato l’amministrazione a rispettare la tempistica, anche spiegando che si tratta di personale che lavorativamente parlando è molto fragile e ha bisogno di quai soldi per organizzare spesso trasferte, pagare affitti, bollette, viaggi e altro ancora. A questo punto – conclude il leader dell’Anief – però reputiamo, in mancanza di risposte certe da parte di chi garantisce i pagamenti ai supplenti, che sia giunto il momento di avviare i ricorsi per il recupero coatto delle spettanze".

Nel frattempo, ancora l’Anief continua a sollecitare un intervento legislativo che realizzi quanto deciso con la sentenza della Corte Costituzionale n. 213/2018: "vogliamo sollecitare il Governo ad abolire la trattenuta del 2,5% Tfr per i neo-assunti dal 2001, così da garantire la parità di trattamento tra tutti i lavoratori del pubblico impiego ma anche del privato, perché la privatizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego, la legge n. 448/1998 demanda a un DPCM la definizione della struttura retributiva e contributiva dei dipendenti pubblici che passano a partire dai neo-assunti dal 1 gennaio 2001 dalla vecchia liquidazione - quindi dal precedente regime del TFS (trattamento di fine servizio) con aliquota maggiore e trattenuta del 2,5% o dell’IBU (indennità di buona uscita) - al regime del TFR (trattamento di fine rapporto) con aliquota del 9,41 e trattenuta del 2,5% su 80% dello stipendio, non previsto per i lavoratori privati dall’art. 2120 del Codice civile. E c’è anche da dire che i dipendenti degli Enti pubblici non economici alla cessazione del rapporto di lavoro hanno diritto a una indennità di anzianità (IA) a totale carico dell’Ente datore di lavoro e disciplinata dalla legge n. 70/1975".

Sulla questione del TFR 2,5% applicato ai neo-assunti degli ultimi 25 anni, la Corte costituzionale con la sentenza n. 213 del 2018 ha detto in modo chiaro che per "salvaguardare la parità di trattamento contrattuale e retributivo, nel perimetro tracciato dalla contrattazione collettiva e dalla necessaria verifica della compatibilità con le risorse disponibili. Tale principio di parità di trattamento si pone a ineludibile presidio dello stesso diritto a una retribuzione sufficiente e proporzionata".