Svimez, Washington inaugura l’“Era dei dazi”: la strategia americana mette in discussione il modello di crescita europeo

Pubblicato il 23/05/2025
Ultima modifica il 23/05/2025 alle ore 17:25
Teleborsa
"Non sono episodi isolati, ma l’espressione di una strategia strutturale, che punta a contenere l’ascesa tecnologica cinese, rilocalizzare le filiere strategiche e ridurre il deficit commerciale". Lo scrive la Svimez, l'associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno nella newsletter di maggio dedicata alle politiche industriali e la coesione, realizzata in collaborazione con l'hub della LUISS dedicato alle nuove politiche industriali (LUHNIP).

Con un annuncio clamoroso ribattezzato Liberation Day - si legge nella NewSvimez - il Presidente Donald Trump ha dato il via a una profonda svolta nella politica commerciale americana. Il 2 aprile, la Casa Bianca ha imposto una tariffa universale del 10% su tutte le importazioni e un pacchetto di 'tariffe reciproche' differenziate per paese e saldo commerciale, pari al 20% nel caso dell’UE. Queste misure vanno ad aggiungersi ai dazi al 25% su auto, acciaio e alluminio per motivi di sicurezza nazionale.

Le reazioni non si sono fatte attendere: i mercati finanziari hanno subito la peggiore settimana dal Covid e le tensioni commerciali con la Cina si sono intensificate fino a toccare tariffe incrociate record del 145% da parte degli USA e del 125% da parte della Cina. La conseguenza è stato un immediato crollo dell’export cinese verso gli Stati Uniti (-21% ad aprile), accompagnato peraltro da un contestuale aumento delle esportazioni cinesi verso il Sud-Est asiatico (+20%) e l’UE (+8%).

Il 9 aprile, nel tentativo di calmare i mercati e avviare negoziati bilaterali, l’amministrazione Trump ha concesso una proroga di 90 giorni sulle tariffe reciproche. Con la Cina, l’intesa provvisoria è stata raggiunta a metà maggio, con la riduzione delle le tariffe al 30% da parte degli USA e del 10% da parte della Cina) e il rilassamento delle misure restrittive sull’export cinese di terre rare. Secondo molti analisti, queste mosse non sono episodi isolati, ma l’espressione di una strategia strutturale degli Stati Uniti condivisa dalle ultime amministrazioni. Ne è esempio l’inasprimento delle tariffe contro la Cina avviato dalla Presidenza Biden, su veicoli elettrici, solare e semiconduttori.

Anche l’Unione Europea ha risposto alle misure di Washington. Dopo aver annunciato contromisure su 26 miliardi di euro di beni americani, Bruxelles ha sospeso temporaneamente le sanzioni per dare spazio ai negoziati. Tuttavia, una lista di ritorsioni per 95 miliardi è pronta qualora i colloqui fallissero. Intanto, l’UE prepara un ricorso presso il WTO.

Gli Stati Uniti rappresentano un mercato di sbocco rilevante e difficilmente sostituibile per l’Italia – 62,9 miliardi nel 2024 (il 10,3% dell’export italiano) – e per il Mezzogiorno, con 6,3 miliardi (9,7% del totale della Macroarea).

I comparti meridionali più legati al mercato statunitense sono l’Agroindustria (27%), il Farmaceutico (16%) e il Petrolchimico (14%), che contano complessivamente il 58% dell’export complessivo della Macroarea. Le misure introdotte da Trump, tuttavia, colpiscono filiere e comparti in maniera asimmetrica. Prodotti energetici, semiconduttori e farmaceutici sono – almeno per il momento – esentati dai dazi universali al 10%, mentre auto e acciaio subiscono tariffe più elevate (25%).

Alcuni comparti strategici del Mezzogiorno – petrolchimico, farmaceutico e apparecchiature elettriche – sono per il momento al riparo, sebbene gli annunci statunitensi su potenziali tariffe maggiorate su farmaceutica e semiconduttori destino grandi preoccupazioni. Viceversa, il calo più significativo dell’export meridionale potrebbe interessare Agroindustria, Meccanica ed Automotive.

L’Agroindustria è una filiera d’eccellenza per tutto il Mezzogiorno e rappresenta oltre il 30% dell’export per Sardegna e Molise e oltre il 40% per Basilicata, Campania e Calabria. Qualora non si riuscisse a raggiungere un accordo per eliminare la tariffa reciproca al 20%, l’impatto sull’export sarebbe particolarmente negativo in termini assoluti per la Campania (a rischio 164 milioni).

Abruzzo e, soprattutto, Puglia rischiano di essere le regioni più colpite dai dazi per quanto riguarda la Meccanica, comparto il cui export ammonta rispettivamente a oltre 140 milioni e quasi 350 milioni nel 2024. La battaglia di Trump per rilocalizzare la filiera dell’Auto negli States rischia invece di avere ripercussioni negative soprattutto per quanto riguarda lo stabilimento di Pomigliano in Campania (a repentaglio spedizioni per 55 milioni).

Come ha sottolineato anche il Presidente Mattarella, l’Europa non può restare spettatrice. Di fronte a un’America determinata a riscrivere le regole del commercio globale, l’UE è chiamata a ridefinire la propria strategia economica e industriale e ripensare il proprio modello di crescita. In uno scenario in cui la spinta propulsiva della domanda estera potrebbe indebolirsi, è indispensabile il rilancio della domanda interna.