L'Ecopillola di Andrea Ferretti: le agenzie di rating iniziano a fidarsi dell'Italia

Pubblicato il 28/04/2025
Ultima modifica il 28/04/2025 alle ore 16:04
Teleborsa
Nel mese di aprile, ben tre agenzie di rating si sono espresse sul rating sovrano dell'Italia, segnalando la possibilità di un miglioramento nel breve-medio termine. E' quanto mette in luce l'ultima Ecopillola di Andrea Ferretti, analizzando i fattori che hanno influenzato il giudizio delle agenzie.

1 - Il giudizio di Fitch Rating e DBRS Morningstar

In aprile le due società di rating hanno confermato per l'Italia il rating "BBB" con outlook positivo, ossia con la possibilità di un miglioramento in tempi anche non lunghi. Più in particolare, hanno inciso sul giudizio delle due agenzie, da una parte, la presenza di fattori positivi, quali la stabilità del governo e l'attenta gestione delle leve della finanza pubblica. Dall'altra, hanno sicuramente pesato preoccupazioni quali l'elevato debito pubblico e la modesta crescita prospettica. Da sottolineare che DBRS ha evidenziato giustamente, tra i fattori positivi, la presenza in Italia di un sistema bancario decisamente più solido e patrimonializzato rispetto al passato e quindi in grado di sostenere il comparto produttivo nei momenti più difficili. Da ricordare, a questo proposito, la netta riduzione delle sofferenze bancarie (i crediti difficilmente esigibili), passate dai 200 miliardi del 2015 ai 22 miliardi del giugno del 2024.



2 - Il giudizio di S&P


Per la prima volta, dall'ottobre del 2017, l'agenzia S&P ha elevato il rating dell'Italia da "BBB" a "BBB+", con outlook stabile. Più in particolare, la società di rating ha motivato il miglioramento del suo giudizio sull'Italia ritenendo che la nostra economia, nonostante l'incognita dei dazi, possa reggere il colpo e crescere dell'1% nel 2026. Il tutto grazie anche alla continuità politica che ha garantito sia la stabilità dei mercati finanziari sia la progressiva messa a terra del PNRR. Ovviamente, rimane il problema dell'elevato debito pubblico, che tuttavia secondo S&P potrebbe stabilizzarsi nel 2028, per poi ridursi progressivamente.

Due considerazioni

1) Con 67 miliardi di esportazioni verso gli Stati Uniti e un surplus di ben 42 miliardi, l'Italia è tra i paesi più esposti alle ritorsioni commerciali di Trump. Ora, in questa situazione così incerta, la conferma del rating da parte di Fitch e DBRS e, soprattutto, l'upgrade da parte di S&P non erano affatto scontati e hanno dimostrato una crescente fiducia di fondo nella nostra economia e nella sua capacità di tenuta anche sotto stress. Giova ricordare, a questo proposito, che la stessa S&P ha invece abbassato l'outlook della Francia da stabile a negativo.

2) Tutte e tre le agenzie di rating hanno evidenziato, tra le ragioni che hanno generato questa fiducia di fondo, l'attuale stabilità politica e gli sforzi del governo volti all'aggiustamento dei conti pubblici e hanno perfettamente ragione le sorelle del rating a mettere in risalto questi due fattori. Infatti, trovandoci con 3.000 miliardi il debito pubblico, nel bel mezzo di una situazione di incertezza globale, la fiducia di mercati e investitori è la variabile essenziale che può rendere l'Italia meno vulnerabile agli shock esterni. E, a ben vedere, è forse proprio questo l'aspetto che sfugge invece al presidente Trump, che considera la fiducia una variabile marginale di poco conto. Peccato che il debito pubblico USA - circa 36.000 miliardi di dollari - si regge perché il dollaro è ancora considerato la principale valuta di riserva. Il problemino è che il dollaro rimarrà tale solo finché resisterà la fiducia negli Stati Uniti e in chi li governa.