Lavoro, Cnel: occupati +1,5% ma forti criticità per giovani e donne

Tasso inattività superiore di 7,5 punti su media Ue. Tassi del sommerso tra i più alti in Europa. Over 50 trainano occupazione, rapporti stabili +3,3%
Pubblicato il 24/04/2025
Ultima modifica il 24/04/2025 alle ore 15:14
Teleborsa
Nel 2024, in un contesto di "modesta crescita" economica, il numero degli occupati (dipendenti e indipendenti) è aumentato dell'1,5% toccando i 24 milioni nell'anno e segnando un incremento della componente femminile che, per quanto "ancora insoddisfacente", supera la quota di 10 milioni. È quanto rileva il XXVI rapporto del Cnel sul mercato del lavoro e la contrattazione collettiva. Rispetto ai principali Paesi europei il mercato del lavoro italiano continua a presentare "criticità", soprattutto con riferimento all'occupazione femminile e giovanile, che si conferma tra le più basse in Europa, con un divario nella classe età 15-29 rispettivamente di 12,9 e 15 punti percentuali rispetto alla media Ue. "Forti criticità", sottolinea il rapporto, permangono nei tassi di lavoro sommerso, tra i più alti in Europa, e nell'occupazione della componente più vulnerabile del mercato del lavoro. Per quanto giunto al 62,2% il tasso di occupazione italiano resta il più basso d'Europa, inferiore di ben 15,2 punti percentuali rispetto alla Germania, di 6,8 punti rispetto alla Francia, di 3,9 punti rispetto alla Spagna.

Rispetto alla media europea nel 2024 il tasso di occupazione italiano risulta inferiore di 8,6 punti percentuali e di 12,9 in relazione alla sola componente femminile. Il tasso di occupazione del 62,2 calcolato nella media 2024 è pari a 71,1 per la componente maschile e a 53,3 per quella femminile.

Il divario è elevatissimo anche nel tasso di inattività: 24,4% per gli uomini e 42,4% per le donne. La bassissima partecipazione al lavoro delle donne rimane una delle più importanti criticità del mercato del lavoro italiano. Altrettanto critico è l'andamento dei tassi di occupazione letti in una prospettiva territoriale, con un tasso di occupazione del 69,7% nel Nord del Paese, del 66,8% nel Centro Italia e del 49,3% nel Mezzogiorno. Il Sud resta l'area con il più basso tasso di occupazione, inferiore di 12,9 punti percentuali rispetto al tasso nazionale, l'area con il più alto tasso di disoccupazione (11,9%) e di inattività (43,9%) soprattutto della componente femminile. Il tasso di occupazione tra le persone di età compresa tra i 25 e i 34 anni è aumentato dal 68,1% del 2023 al 68,7 del 2024, mentre il rispettivo tasso di inattività è aumentato dal 24% al 24,4% nello stesso periodo. Per quanto riguarda la fascia di età fra i 15 e i 24 anni il tasso di occupazione è diminuito al 20,4% del 2023 al 19,7% del 2024, mentre il rispettivo tasso di inattività è aumentato 73,6% al 75,3% nello stesso periodo. Relativamente alla componente giovanile permangono rilevanti criticità legate alla durata troppo lunga della transizione dalla scuola al lavoro, all'uso improprio dei tirocini formativi e di orientamento extracurriculari, alla ancora limitata diffusione di consolidati percorsi duali di formazione e lavoro, al basso utilizzo dell'apprendistato, alla elevata discontinuità lavorativa e alle forme di lavoro subordinato mascherate come autonomo. L'apprendistato viene troppo spesso considerato solo in funzione della riduzione del costo del lavoro e ancora poco per la sua componente formativa e di incremento della qualità e produttività del lavoro.

Nel 2024 l'occupazione è aumentata di 352mila unità, trainata dagli over 50 e dalla crescita dei dipendenti a tempo indeterminato in aumento del 3,3% rispetto all'anno precedente. Sono aumentati leggermente (+47mila) i lavoratori indipendenti, mentre si contrae del 7% l'occupazione temporanea, che tuttavia interessa ancora una platea superiore a 2,75 milioni di dipendenti. Malgrado la tendenza positiva, che prosegue da tre anni, non si possono tralasciare "valutazioni critiche" circa la qualità della occupazione, sottolinea il report, che dipende dalle tipologie contrattuali utilizzate, dalle ore lavorate nell'arco dell'anno, dalla diffusione del part-time involontario. Rispetto al 2023 le ore lavorate per dipendente sono diminuite dello 0,3% con un calo più marcato nell'industria (-1,1%) e un lieve aumento nei servizi (+0,2%). Rispetto alle stime Istat va tenuto conto, si legge nel rapporto, che vengono conteggiati nei tassi di occupazione anche i periodi di orientamento e formazione svolti in contesto lavorativo, come nel caso dei tirocini extracurriculari.

In un quadro complessivo di crescita dell'occupazione a tempo indeterminato e di quota decrescente dello stock di occupati temporanei, i dati di flusso delle comunicazioni obbligatorie del ministero del Lavoro, riferiti al periodo gennaio-settembre 2024, informano che le attivazioni di rapporti di lavoro sono state 10 milioni e 142mila in crescita del 0,5% rispetto al 2023, ma di queste solo il 16% (nel 2023 il 17,2%) sono state a tempo indeterminato, mentre il resto ha riguardato contratti temporanei (tempo determinato, collaborazioni, lavoro a chiamata, stagionale, somministrazione). I contratti temporanei sono oramai consolidati come il principale canale di accesso al lavoro e il loro utilizzo si dimostra significativamente correlato con il ciclo economico. Permane elevato il numero di occupati con forme di part-time involontario che, sebbene in calo negli ultimi anni, riguardano ancora la maggior parte dei lavoratori, specie la componente femminile, assunti a tempo parziale, collocando l'Italia sopra la media europea (29,8% a fronte della media Ue 27,9%). Sempre in riferimento alla qualità dell'occupazione, secondo il Cnel da monitorare è anche il fenomeno del lavoro autonomo non genuino, attraverso l'utilizzo di contratti di collaborazione e partite Iva organizzate con orari di lavoro fissi e in regime di mono-committenza.

Desta particolare attenzione l'elevato numero di italiani inattivi: si tratta del 33,4% della fascia di persone in età di lavoro, di cui 7,8 milioni sono donne. Rispetto alla media europea, il tasso di inattività riferito alla popolazione italiana con età compresa tra i 15 e i 74 anni è superiore di 7,5 punti percentuali (Italia 42,2%, Europa 34,7% nel 2024). I neet, intesi come i giovani in fascia d'età compresa tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in un percorso di formazione, sono in Italia circa 1,34 milioni. Si tratta di un "numero elevato, tra i più alti in Europa", che, tuttavia, registra una rilevante riduzione (-4,8%) rispetto all'anno precedente. Nel 33,6% dei casi la popolazione dei neet comprende i disoccupati, mentre nel 66,4% si tratta di inattivi, dei quali il 33,9% non cerca attivamente lavoro e il restante 32,5% costituisce le cosiddette "forze di lavoro potenziali", costituite dagli inattivi disponibili a lavorare, ma non alla ricerca attiva di un'occupazione e dagli inattivi che cercano un'occupazione ma non disponibili immediatamente. Il fenomeno dei neet si verifica nelle regioni del Sud con un'incidenza più che doppia rispetto a quelle del Nord e, per quanto in corrispondenza del possesso della laurea sia ovunque più basso il numero dei neet, anche tra i laureati al Sud il valore rimane elevato con il 17,7% contro il 12,7% del Centro e il 7,9% del Nord. L'incidenza più alta di neet si riscontra per i diplomati con un dato complessivo in Italia del 17,8% (26,8% al Sud, 15,7% al Centro e 11,5% al Nord). La fascia di 15-29enni con un titolo di studio fino alla licenza media registra un'incidenza che si attesta al 21% al Sud, al 9,4% al Centro e al 8,5% al Nord.

Le persone con disabilità, si legge nel report del Cnel, continuano a fronteggiare ostacoli significativi nell'accesso al mercato del lavoro nonostante i progressi normativi degli ultimi anni. Si evidenzia un "quadro preoccupante" caratterizzato da disparità strutturali e difficoltà persistenti, che limitano le opportunità di inclusione lavorativa. Nel 2023 solo il 33% delle persone con disabilità con gravi limitazioni e il 57% di quelle con disabilità non grave risulta occupato a fronte del 62% della popolazione senza condizione di disabilità. La differenza è ancora più marcata tra i disoccupati dove le persone con disabilità rappresentano una quota significativamente più alta, rispettivamente 16,6% e 14,4% rispetto a quelle senza condizione di disabilità 12% (dati Istat 2023). Inoltre, il fenomeno dei ritiri precoci dal lavoro colpisce in misura maggiore le persone con disabilità grave con una percentuale quasi tripla rispetto agli altri lavoratori: 5,7% rispetto a quelle senza limitazioni 2,3%. La condizione dei giovani con disabilità è particolarmente critica con due terzi di loro che non lavorano nè studiano, a fronte di una percentuale molto più bassa tra i coetanei senza condizione di disabilità . L'assenza di politiche efficaci, dice il Cnel, rischia di compromettere irrimediabilmente il futuro di un'intera generazione. Per affrontare queste criticità servono interventi concreti a partire da investimenti mirati nella formazione incentivando le aziende a creare ambienti lavorativi più inclusivi e promuovere condizioni contrattuali che garantiscano pari opportunità .

Nel 2024 risultano in aumento le denunce per malattia professionale (+15.745 pari al 21,60%), che si aggiungono all'aumento del 2023 (+12mila, quasi il 20%). Gli infortuni denunciati all'Inail sono invece risultati in ulteriore lieve diminuzione (-3.453 pari allo 0,7%) rispetto al 2023 già in calo del 16% rispetto al 2022 (-112mila). A livello nazionale, i dati evidenziano un calo, in particolare, delle denunce di infortuni avvenuti in occasione di lavoro (-19%, 8mila in valore assoluto), mentre risultano in aumento (+5%, +4,5mila) quelle relative a infortuni in itinere, avvenuti nel tragitto tra casa e posto di lavoro. Sui casi mortali i dati provvisori del 2024 mostrano un aumento del 4,7% rispetto all'anno precedente, da 1.029 a 1077. A crescere maggiormente sono quelli in itinere da 239 a 280 mentre quelli in occasione di lavoro aumentano di 7 casi da 790 a 797.