I
dati sull'inflazione non hanno convinto la Federal Reserve a tagliare i tassi d'interesse, ma
ispirano ancora prudenza, perché sono momentaneamente superati e riguardano un
periodo precedente al Liberation Day, quando il Presidente Trump ha annunciato un
sistema di dazi universali, colpendo oltre 100 paesi partner.
L'atteggiamento prudente di Powell appare dunque
più che giustificato anche perchè i dazi sono stati poi sospesi per 90 giorni in attesa dell0esito delle trattative commerciali. Questo potrebbe giustificare un allungamento delle tempistiche del prossimo taglio a fine anno o anche al 2026.
Collins pensa ad un taglio rinviatoLa
presidente della Federal Reserve Bank di Boston, Susan Collins, ha ricordato che la banca centrale avrebbe dovuto abbassare i tassi di interesse entro la fine dell'anno, ma l'inflazione causata dai dazi potrebbe ritardare ulteriori tagli.
"Le rinnovate
pressioni sui prezzi potrebbero ritardare un'ulteriore normalizzazione delle politiche, poiché è necessaria la convinzione che i dazi non stiano destabilizzando le aspettative di inflazione", ha affermato Collins, aggiungendo che
mantenere i tassi stabili è l'approccio migliore "per il momento"."Considero la
politica monetaria ben posizionata per affrontare un'ampia gamma di potenziali rischi economici in questo contesto di elevata incertezza", ha ribadito Collins.
Collins con il suo staff ha stimato che un
dazio effettivo sulle importazioni superiore al 10% aumenterebbe l'inflazione di fondo - attualmente al 2,8% - in misura compresa
fra 0,7 e 1,2 punti percentuali e che la maggior parte di questo effetto si verificherebbe quest'anno. Collins ha anche previsto un
rallentamento dell'economia statunitense quest'anno, ma le sue previsioni sono per una crescita più lenta,
"non per una recessione significativa". Per questo ma banchiera ha votato per mantenere i tassi invariati ed è allineata all'impostazione prudente del Presidente della Fed, che ritiene di non doversi affrettare ad aggiustare i tassi d'interesse.
Inflazione sotto le attese ai minimi dal 2021I
dati preliminari dell'inflazione di marzo sono usciti proprio ieri ed hanno indicato che una
frenata al 2,4% tendenziale dal 2,8% di febbraio,
inferiore alle attese del mercato che la indicavano al 2,5%.
L’indice core che esclude i prezzi dei prodotti energetici ed alimentari, ha mostrato una crescita del 2,8%, attestandosi al di sotto del consensus e scivolando
per la prima volta al di sotto del 3% da marzo 2021.
Nonostante questa frenata, che fa riferimento ad un periodo precedente all'imposizione di dazi universali da parte dell'amministrazione Trump, gli
esperti ritengono che l'impatto sui prezzi si sentirà più in là e che il rallentamento dell'inflazione non durerà molto e si unirà ad una crescita economica più debole, se non ad una recessione.
"Rimaniamo
cauti riguardo agli attuali dati sull'inflazione, in quanto queste cifre riflettono un periodo precedente all'implementazione dei recenti dazi. Pertanto, ci aspettiamo che nei prossimi mesi ci possa essere una maggiore volatilità dei dati sull'inflazione, in particolare per quanto riguarda i beni (influenzati dai dazi)", sottolinea un analista di
Janus Handerson.
"
Il dato odierno sull’indice dei prezzi al consumo, più debole del previsto, appare
superato alla luce dei profondi cambiamenti nelle politiche commerciali degli ultimi giorni. Guardando al futuro, la
Fed si troverà probabilmente ad
affrontare un difficile compromesso", afferma
Goldman Sachs Asset Management, aggiungendo "ci aspettiamo che la reazione iniziale della Fed sia prudente, ma permangono i rischi che un rallentamento dell’economia più marcato del previsto possa portare alla ripresa del ciclo di allentamento monetario da parte della Fed".