La
Corte di Cassazione ha stabilito che, nei casi di adozione da parte di coppie dello stesso sesso, la
dicitura "genitori" deve sostituire "padre" e "madre" sulla carta d’identità dei minori. La sentenza respinge il ricorso del Ministero dell’Interno contro la decisione della Corte d’Appello di Roma, che aveva accolto la richiesta di una coppia di madri di disapplicare il decreto ministeriale del 2019 (emanato sotto la guida di Matteo Salvini), il quale aveva reintrodotto le diciture "madre" e "padre", già abolite nel 2015.
Secondo i giudici della Cassazione, tali diciture non riflettono tutte le legittime configurazioni familiari e
risultano quindi discriminatorie. La loro presenza, si legge nella sentenza, compromette il diritto del minore ad avere un documento che rappresenti correttamente la propria realtà familiare. Viene inoltre ribadito che, su richiesta, la carta d’identità dei minori di 14 anni può riportare i nomi dei genitori o di chi ne fa le veci, come previsto dalla normativa vigente.
La pronuncia ha suscitato reazioni politiche immediate. Esulta il mondo associativo LGBTQ+ e l’opposizione.
Alessandro Zan (PD) l’ha definita una "
sentenza storica" che mette al centro i diritti dei figli e denuncia l’uso politico delle famiglie arcobaleno da parte della destra. Anche Arcigay, Famiglie Arcobaleno e Rete Lenford parlano di "vittoria" e chiedono l’annullamento definitivo del decreto Salvini. Per Fabrizio Marrazzo, portavoce del Partito Gay Lgbt+, la Cassazione ha "demolito una circolare discriminatoria", aprendo la strada a nuovi diritti, tra cui il referendum sul matrimonio egualitario.
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