All'indomani dell'avvio della guerra dei dazi da parte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, l'ultima
Ecopillola dell'economista Andrea Ferretti ripercorre i fatti dell'ultima settimana – dal "Giorno della liberazione" al crollo di Wall Street –, analizzando la strategia di Trump e fornendo all'Europa una roadmap sulle cose "da non fare".
1 – Il Giorno della liberazioneNella notte del 2 aprile, il presidente americano ha annunciato
dazi minimi generalizzati del 10% su tutti i prodotti esportati negli Stati Uniti, ma ha anche annunciato dazi decisamente più pesanti per
60 paesi 'cattivi', rei, secondo Trump, di aver colpito i prodotti americani con dazi, tasse e regole commerciali ingiuste. "Ci hanno derubato per 50 anni, ma non accadrà più", è la dichiarazione di Trump nel suo ultimo discorso. Più in particolare, alla
Cina sono stati imposti dazi del 34%, all'
India del 26%, al
Giappone del 24%, all'
Unione Europea del 20%. Interessante il fatto che
non siano stati applicati dazi a
Russia, Bielorussia e Corea del Nord, mentre ci sono andate di mezzo le isole Svalbard (3mila abitanti) e le isole McDonald nell'Oceano antartico (4mila pinguini). Da qui panico alla stadio: il crollo delle borse, Wall Street che brucia in 48 ore 5mila miliardi, i controdazi cinesi al 34%, i fondati timori di Powell di una nuova ondata inflazionistica.
2 – Oltre i daziOra, in prima battuta, gli
obiettivi dei dazi "trumpiani" sembrerebbero essere
due: ridurre il deficit della bilancia commerciale americana e generare cassa immediata per creare consenso in vista delle elezioni di metà mandato del 2026. Tuttavia, il vero target di Trump potrebbe essere un altro, ossia quello di utilizzare l'arma dei dazi, oggi ancora in sperimentazione, come
strumento per risolvere i problemi strutturali dell'economia americana. Giova ricordare, a questo proposito, che gli americani hanno un debito pubblico di 36mila miliardi ed un deficit arrivato nei dintorni del 7%. Ed è proprio qui che potrebbero sorgere ulteriori problemi, perché Trump potrebbe decidere di
usare la "clava" dei dazi anche per costringere vari Paesi, specialmente europei, a
sostenere il debito pubblico americano, comprando titoli di stato degli Stati Uniti a lunga e lunghissima scadenza, il tutto anche
per compensare il progressivo disimpegno della Cina, che ha ridotto i titoli USA detenuti dai 1.300 miliardi del 2013 agli attuali 760 miliardi.
3 – Cosa non deve fare l'Unione Europea? Di fronte a queste minacce ci sono tre cose fondamentali che l'Unione Europea
non deve assolutamente fare: 1. Non deve
cadere nella trappola di Trump, reagendo di pancia e innescando così un circolo vizioso incontrollabile; un margine di trattativa probabilmente esiste ancora e non può essere trascurato a priori. 2. I paesi dell'Unione Europea non devono assolutamente
cedere alla tentazione di agire in ordine sparso nel tentativo di ottenere specifici benefici; è esattamente quello che vuole Trump secondo il motto latino "divide et impera". 3. Qualora, invece, ogni tentativo di mediazione risultasse impossibile, l'Unione Europea non deve
rimanere inattiva e questo, banalmente, perché una passiva accettazione delle imposizioni "trumpiane", spalancherebbe i cancelli dell'Unione Europea ad una spirale incontrollabile di richieste, pressioni e ricatti.
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