"La
riduzione delle aliquote Irpef approvata con la Legge di Bilancio 2025 non basta e corre il rischio di accentuare le distorsioni del sistema. Il vero nodo resta la compressione degli scaglioni, che penalizza chi produce valore e disincentiva l'emersione del reddito. Dal 2026 il secondo scaglione sarà esteso fino a 60mila euro con l'aliquota ridotta dal 35% al 33%, ma si tratta di un intervento parziale, che non affronta il tema della progressività. Occorre, pertanto, aumentare il numero degli scaglioni almeno a 6 o 7, partendo da una percentuale molto bassa e crescendo in maniera graduale. L'attuale struttura induce soprattutto autonomi e microimprese a restare al di sotto di soglie critiche per evitare salti d'imposta, alimentando indirettamente l'evasione e minando la credibilità del sistema tributario". È quanto sostiene
Unimpresa, in un documento del
consigliere nazionale, Marco Salustri.Secondo
Unimpresa, la riforma fiscale, approvata con la Legge di Bilancio 2025, rappresenta un intervento parziale ed inefficace rispetto alle reali esigenze del sistema tributario italiano. La scelta di ridurre le aliquote Irpef, pur presentata come misura di alleggerimento per i contribuenti, rischia di accentuare le distorsioni esistenti e di favorire comportamenti evasivi.
"Il vero problema – prosegue
Unimpresa – è la compressione degli scaglioni Irpef che genera salti d'imposta troppo bruschi e penalizza chi produce valore reale. La nuova configurazione dell'Irpef, per l'anno d'imposta 2026, estende il secondo scaglione fino a 60mila euro, riducendo l'aliquota dal 35% al 33%. Tuttavia, questa modifica, non affronta il nodo strutturale della progressività. La compressione degli scaglioni crea un sistema in cui piccoli incrementi di reddito comportano aumenti sproporzionati della tassazione disincentivando, di fatto, l'emersione del reddito e favorendo l'evasione. La base imponibile, dunque, è troppo fragile e, senza una revisione profonda degli scaglioni, il sistema resta vulnerabile e ingiusto. È necessario, dunque, portare il numero degli scaglioni Irpef almeno a 6 o 7 e dare una giusta progressione delle aliquote stesse partendo da una percentuale molto bassa a salire".
"La compressione degli scaglioni Irpef, infatti, – commenta
Salustri – genera un effetto perverso: molti contribuenti, soprattutto autonomi e microimprese, tendono, da sempre, a restare al di sotto di soglie critiche per evitare salti d'imposta. Questo comportamento, indotto dalla struttura stessa del sistema, alimenta l'evasione fiscale e mina la credibilità dell'intero impianto tributario".