BCE, decisioni su tassi guidate dai dati

Nel secondo trimestre l'Eurozona rallenterà
Pubblicato il 20/06/2025
Ultima modifica il 20/06/2025 alle ore 10:16
Teleborsa
Nella riunione del 5 giugno 2025, il Consiglio direttivo ha deciso di ridurre di 25 punti base i tre tassi di interesse di riferimento della BCE. In particolare, spiega la Banca centrale europea nel suo ultimo bollettino economico, la decisione di ridurre il tasso di interesse sui depositi presso l'Eurotower, ovvero il tasso con il quale il Consiglio direttivo orienta la politica monetaria, si è basata sulla valutazione aggiornata circa le prospettive di inflazione, la dinamica dell’inflazione di fondo e l’intensità della trasmissione della politica monetaria.

L’inflazione si attesta attualmente intorno all’obiettivo del 2 per cento a medio termine perseguito dal Consiglio direttivo. Nello scenario di base delle proiezioni macroeconomiche, formulate a giugno 2025 dagli esperti dell’Eurosistema per l’area dell’euro, l’inflazione complessiva si collocherebbe in media al 2,0 per cento nel 2025, all’1,6 nel 2026 e al 2,0 nel 2027. Rispetto alle proiezioni di marzo 2025, le revisioni al ribasso di 0,3 punti percentuali per il 2025 e il 2026 riflettono principalmente le ipotesi di prezzi dell’energia inferiori e di un rafforzamento dell’euro. Gli esperti si attendono che l’inflazione al netto della componente energetica e alimentare si porti in media al 2,4 per cento nel 2025 e all’1,9 per cento nel 2026 e nel 2027, sostanzialmente invariata da marzo.

Il Consiglio direttivo, si legge nel bollettino, è determinato ad assicurare che l’inflazione si stabilizzi durevolmente sul suo obiettivo del 2 per cento a medio termine. Soprattutto nelle attuali condizioni caratterizzate da eccezionale incertezza, l’orientamento di politica monetaria adeguato sarà definito seguendo un approccio guidato dai dati, in base al quale le decisioni vengono adottate di volta in volta a ogni riunione. Le decisioni del Consiglio direttivo sui tassi di interesse "saranno basate sulla sua valutazione delle prospettive di inflazione, considerati i nuovi dati economici e finanziari", della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria. "Il Consiglio direttivo non intende vincolarsi a un particolare percorso dei tassi".

Per quanto riguarda la crescita del PIL in termini reali, secondo gli esperti si collocherebbe in media allo 0,9 per cento nel 2025, all’1,1 nel 2026 e all’1,3 nel 2027. La proiezione di crescita invariata per il 2025 riflette un andamento nel primo trimestre più vigoroso rispetto alle attese, associato a prospettive più deboli per il resto dell’anno. Secondo le proiezioni, seppure l’incertezza relativa alle
politiche commerciali graverebbe sugli investimenti delle imprese e sulle esportazioni, soprattutto nel breve termine, l’incremento degli investimenti pubblici in difesa e infrastrutture sosterrà sempre più la crescita nel medio periodo. L’aumento dei redditi reali e un mercato del lavoro robusto consentiranno alle famiglie di spendere di più. Insieme a condizioni di finanziamento più favorevoli, ciò dovrebbe
aumentare la capacità di tenuta dell’economia agli shock mondiali.

I dati delle indagini segnalano un rallentamento della crescita nel secondo trimestre del 2025
L’incertezza che caratterizza a livello globale le politiche economiche, comprese quelle relative al commercio, continua a gravare sulle prospettive a breve termine. Il PMI composito relativo al prodotto è sceso lievemente, segnando un valore medio di 50,3 ad aprile
e maggio (da 50,4 nel primo trimestre) e indicando un ristagno del prodotto. Mentre il PMI relativo al prodotto del settore manifatturiero è migliorato fino a raggiungere livelli che non si osservavano dall’inizio del 2022, segnalando un’espansione, l’attività delle imprese nel settore dei servizi è diminuita, collocandosi su livelli che ne segnalano un calo. Il PMI relativo ai nuovi ordinativi, per sua natura più prospettico, presenta un quadro simile, con una performance complessivamente debole che cela un miglioramento della manifattura e un rallentamento dell’attività nei servizi. Dopo alcuni effetti positivi a breve termine, come ad esempio un aumento della produzione derivante dall’anticipazione delle esportazioni, nei prossimi mesi dazi più elevati potrebbero esercitare effetti negativi sproporzionati sul comparto manifatturiero rispetto ad altri settori dell’economia.