Dopo una crescita significativa negli ultimi anni, nella seconda metà del 2024 la
crescita dei certificates nei portafogli degli investitori retail italiani si è arrestata. È quanto emerge nel primo Rapporto sulla Stabilità Finanziaria del 2025 della Banca d'Italia.
I certificates sono
titoli di debito che replicano l'andamento di una o più attività sottostanti, come tassi di interesse, azioni, indici di borsa o materie prime, offrendo in molti casi garanzie totali o parziali sul capitale. La struttura contrattuale di questi prodotti può essere complessa, prevedendo ad esempio che il rendimento dipenda dal verificarsi di eventi relativi al prezzo dei sottostanti, come il superamento di soglie stabilite. Questi strumenti possono inoltre funzionare secondo un meccanismo "a leva", ossia in grado di amplificare i guadagni e le perdite delle attività sottostanti.
Alla fine del 2024 in Italia circolavano certificates per circa
85 miliardi di euro, di cui quasi due terzi (65,5%) posseduti dalle famiglie, indica il rapporto di Banca d'Italia. Il mercato domestico è composto principalmente da strumenti con garanzie di rimborso del capitale, applicabili solo se il contratto è detenuto fino alla scadenza (57% del totale). Seguono in termini di volume (32%) i certificates yield enhancement, il cui profilo di rischio è comparabile a quello delle attività sottostanti. I contratti a leva (leverage certificates) sono i più rischiosi ma costituiscono solo il 5% dei volumi in circolazione.
La crescita del volume dei certificates nei portafogli degli investitori al dettaglio si è fermata nella seconda metà del 2024, ma questi prodotti continuano a costituire,
dopo i titoli di Stato nazionali, i titoli di debito più rappresentati tra gli investimenti delle famiglie. Nel complesso il loro peso sulla ricchezza finanziaria è ancora contenuto; inoltre, secondo l'Indagine congiunturale sulle famiglie italiane condotta dalla Banca d'Italia ad agosto del 2024, investono in questi strumenti quasi esclusivamente i nuclei familiari finanziariamente più solidi e appartenenti alle fasce di reddito più elevate.
Secondo le statistiche sulla detenzione di titoli nell'Eurosistema raccolte dalla BCE, i certificates sono particolarmente diffusi anche tra le famiglie tedesche, che possiedono oltre l'80% dei 64,5 miliardi di euro di tali prodotti in circolazione in
Germania. In
Francia, invece, questi strumenti sono detenuti principalmente da intermediari finanziari (quota famiglie al 5,1% su 45,6 miliardi di euro totali); i volumi in
Austria (quota famiglie al 78,2% su 9,1 miliardi di euro totali),
Belgio (quota famiglie al 72,9% su 4 miliardi di euro totali) e
Spagna (quota famiglie al 54,4% su 1,3 miliardi di euro totali) risultano più contenuti.
Banca d'Italia ricorda che i certificates "possono migliorare il profilo di rischio-rendimento di portafogli diversificati, anche grazie a un
favorevole trattamento fiscale". I loro rendimenti, rientrando nella categoria dei redditi diversi, danno infatti la possibilità di compensare le plusvalenze conseguite con minusvalenze pregresse. Si tratta tuttavia di "strumenti complessi e di difficile valutazione, adatti a risparmiatori con adeguate conoscenze finanziarie", sottolinea la Banca d'Italia. Alla luce della loro crescente diffusione tra gli investitori al dettaglio, la Banca d'Italia, anche in collaborazione con la Consob, li ha da tempo inseriti tra gli strumenti finanziari oggetto di attenzione per l'eventuale esercizio del potere di intervento per finalità di stabilità finanziaria e continua a monitorarne l'evoluzione.
(Foto: Jason Briscoe su Unsplash)