"Quando abbiamo iniziato a pensare al
Fondo nazionale strategico indiretto (FNSI), abbiamo
considerato i problemi di offerta e di domanda che si erano già presentati in passato. Negli ultimi mesi abbiamo iniziato a sondare il mercato, parlando con i gestori per capire che portafoglio avrebbero potuto gestire senza problemi, parlando con gli asset manager per capire quali fossero i bisogni per costruire un prodotto come quello che interessava a noi, poi con gli investitori per capire i profili di rischio e rendimento per i clienti". Lo ha affermato
Mauro Baragiola, Responsabile FNSI Cassa Depositi e Prestiti (CDP) al Salone del Risparmio, il più grande evento italiano dedicato all'industria del risparmio gestito, organizzato da Assogestioni presso il centro congressi Allianz MiCo di Milano.
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Ci possono essere dei problemi e non possiamo essere la panacea per tutti - ha spiegato - Ma due temi critici per il mercato italiano sono la liquidità e la liquidabilità degli investimenti nelle small e mid cap, con un mercato dominato da fondi con riscatti giornalieri, in cui è difficile fare una posizione che ha bisogno di giorni di volumi. Se nessuno compra, se non c'è la ricerca e non circolano informazioni, gli investitori esteri non investono in Italia".
Il FNSI "
non serve a far salire il mercato e non ha questa velleità - ha sottolineato Baragiola - Serve a creare un volano, un investitore paziente, con fondi dedicati per una durata di 5-7 anni che investano capitale paziente in queste società, dando liquidità al sistema e favorendo le quotazioni di più società".
"Il FNSI è un comparto del Patrimonio Rilancio istituito dal MEF che opera come un fondo di fondi, sottoscrivendo quote di nuovi fondi - ha aggiunto - Noi tecnicamente siamo un fondo di fondi, ma la discrezionalità è totale per tutti i partecipanti al progetto. Ci aspettiamo almeno una decina di fondi. Il regolamento è stato definitivamente approvato venerdì e
l'operatività è partita ieri. Abbiamo ricevuto già 14 NDA (Non-Disclosure Agreement, ndr) dalle SGR e stiamo iniziando a sottoscriverli. C'è quindi un interesse".
"Metteremo un assegno minimo di 35 milioni di euro. Le SGR, che possono essere di tutto il mondo nel momento in cui costituiscono fondi di diritto italiano, raccolgono i soldi e
quando viene raggiunta una raccolta di almeno 35 milioni noi pareggiamo quell'importo - ha detto il Responsabile FNSI - Nello scenario più conservativo, di una decina di fondi, parliamo di almeno 700 milioni di euro. Considerando che - tra assicurazioni, banche, fondi pensioni, casse - parliamo di un centinaio di soggetti in Italia, se noi ci mettiamo 500 milioni arriviamo a 1 miliardo di euro".
In fase di creazione del progetto, "la
preoccupazione era di avere vincoli con percentuali da investire in determinati segmenti, e questo avrebbe creato un problema di profondità di mercato e concentrazione", ha raccontato.
Sicuramente, il FNSI "vuole essere uno
strumento per rivitalizzare il mercato delle IPO in Italia, che comunque sono problematiche in tutto il mondo. Questo perchè c'è una crescita importante dei fondi passivi (che non fanno IPO), perchè il mercato del private equity in questo momento è oltre il 90% nel secondario senza avere uno sbocco sul mercato principale delle quotate come è sempre stato, e perchè manca l'informazione. Sono stato a lungo analisti a
Citi: nel momento in cui l'IPO veniva fatta, Citi seguiva l'azione per qualche anno e poi l'abbandonava, con la MiFID II che ha ucciso la ricerca, e quindi alcune aziende rimanevano con ricerche deep dive vecchie di anni".
Posto che "quindi manca sia l'offerta che la presenza di anchor investor, questi fondi potranno partecipare a tutte le IPO, ma con dei limiti, perchè le IPO sono particolarmente delicate: la
raccolta deve essere di almeno 10 milioni di euro, che a seconda della campana può essere un numero troppo alto o troppo basso, ma ricordiamoci che negli ultimi 4 anni il 90% di IPO in Italia hanno avuto meno di 10 milioni di raccolta".
"Abbiamo inoltre
messo dei meccanismi per evitare l'iper-comprato e l'iper-venduto - ha spiegato - I fondi hanno sei mesi per raggiungere l'allocazione del 70% in small cap, al ritmo di circa 20% al mese, evitando di fare front-running. Ancora più articolato è il meccanismo per evitare l'iper-venduto ed evitare l'effetto PIR. Ci aspettiamo che la maggior parte dei fondi avrà durata fino al 31 dicembre 2032, quando ci sarà per tutti gli investitori una finestra di uscita. Gli investitori che vorranno liquidire dovranno comunicare le decisioni entro il 30 settembre 2031, con gli investitori che avranno 15 mesi per smontare le loro partecipazioni".
In definitiva, il FNSI "è
un prodotto che vuole essere di sistema. C'è un rischio di mercato, che il rischio che l'Italia sottoperformi, c'è il rischio che ci possa essere un gestore che performi meno, ma appunto sono tutti di mercato. Non è CDP che sceglie dove mettere i soldi".